lunedì 10 ottobre 2011

You never know...

"You never know with fighting how things are going to turn out. I try not to worry about that, I worry about the things that I can control."

Kenny Florian


In una certa misura, non è affatto conveniente preoccuparsi di ciò che non si può effettivamente controllare.
Nello specifico, all'interno di un sistema, è comune ritrovare l'utilizzo di una didattica che risponde a domande ben precise e definite, ma che, adottando una visione più ampia e distaccata dal particolare, sarà facile identificare come del tutto insensata, proprio se incastrata, bloccata in tale sistema, come metodo che risponde al particolare con (indovina un po'?) il particolare.
Mi spiego meglio (forse): è del tutto insensato pensare di studiare un sistema di "difesa" (come nel nostro caso, sempre che si voglia accettare questo tipo di classificazione, che per comodità ora prendo per buono, ma che in effetti rifiuto categoricamente, e prima o poi mi impegnerò a giustificare tale affermazione), che fornisca delle risposte pre-confezionate a particolari situazioni di combattimento, ovvero il più classico dei:
"A tale attacco corrisponde sempre tale tecnica."
MACCOSA??!! (si, sono un fan di Nanni Cobretti e i "maccosa" sono presenza costante del mio allenamento).
Sarebbe un po' come l'ammettere candidamente di conoscere il futuro, essere dei maghi e possedere la sfera di cristallo, o più prosaicamente rispondere ad una domanda che ancora nessuno in effetti ci ha posto. Sempre che la nostra risposta sia poi giusta. E visto che non conosciamo la domanda (perchè è così), la nostra risposta sarà, nel migliore dei casi, del tutto fuori luogo.
Dunque che si fa? Ci si preoccupa appunto, solo di ciò che effettivamente si può controllare. Ed è qui che l'Aikido ci viene in aiuto.
Questi, come sistema sorretto da princìpi e non da tecniche (che sono la didattica, il mezzo, fondamentali ma di certo non il cuore della nostra Arte), non si preoccupa se non di questo, ovvero del controllo, o meglio della ricerca di tale controllo.
In poche parole, non deve esistere un'impostazione che esige di rispondere ad un attacco in modo univoco, ne tanto meno la pretesa che questi sia un qualcosa di fisso ed immutabile, perchè così era e così sarà sempre. Non deve accadere, almeno non in qualcosa che è in costante evoluzione.
E l'Aikido in quanto Arte Marziale, mettiamoci l'anima in pace, lo è.
Attraverso lo studio profondo, dovremmo scoprire come affrontare una situazione che ci è ignota per forza, ma che è possibile indirizzare verso un controllo da gestire, ma solo nel momento stesso dell'azione, non prima. Certo, facile a dirsi. Sicuramente meno rassicurante che il pensare che vi sia una qualche possibilità di difendersi da uno shomenuchi, invece di trattarlo per quello che in effetti rappresenta (uno studio su una traiettoria e le possibilità di controllo che su questa stessa si aprono), e non la simulazione di un improbabile "attacco da strada" (questa espressione si, che mi fa sempre sorridere).
Meglio non rispondere: ho fatto 2 etti e mezzo, lascio? Se la domanda è: ciao, come stai?
E voi ovviamente, non siete un salumiere che di nome fa Elio.

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