domenica 15 gennaio 2012

Quello che non c'è

"Meraviglioso come a volte ciò che sembra non è".

Manuel Agnelli, Afterhours


Sembra difficile lo sò. Alle volte guardiamo, giudichiamo, soppesiamo, ci facciamo un'idea e poi pensiamo che sia lì, che il tutto si concluda con quell'idea, che non ci sia più bisogno di investirvi altro tempo e che, come sempre, abbiamo capito tutto noi. Sembra difficile dicevo, tornarvi e ridiscutere la nostra posizione, mettere in crisi (e come crisi in senso etimologico, vado a intendere il giudizio di un'idea), la nostra primissima impressione. Ma chi non cambia mai idea si sa, non cresce, e a me, per esempio, interessa crescere. Dunque ci si può imbattere in qualcosa che inizialmente non capiamo, perchè mancano alla nostra esperienza una serie di fattori che ci permettano una discussione oggettiva (o tendente a tale oggettività, che mi sembra pure più corretto), per poter davvero parlare di un fatto, di un'esperienza, per conoscenza diretta.
Poi c'è l'internet (con quell'articolo che tanto mi piace e che tanto geekizza e allontana da un'analisi troppo seriosa, che non prendo veramente in esame ora), con la sua comunicazione democraticamente allargata, questa meravigliosa libertà, in cui è possibile esprimersi totalmente, con la sicurezza quasi totale che questa barriera ci consente (che è lama a doppio taglio, però), del non dover per forza giustificare le nostre affermazioni, del non dover per forza argomentarle, insomma del non dover per forza empiristicamente dimostrare ad alcuno, che si ha propria cognizione di causa.
Ed è così che è possibile imbattersi in questo.
Lo shihan in questione si chiama Nobuyuki Watanabe, ed è uno dei maestri più anziani dell'Hombu Dojo Aikikai di Tokyo.
La prima cosa che notiamo, la cosa che più crea in noi una sorta di bisticcio mentale, è la totale assenza (o quasi) di 'contatto', tra il maestro e i suoi allievi. Ed in un contesto immaginario come quello dell'idea di arti marziali comunemente diffusa (vero luogo della mente, piuttosto che concretezza spicciola), è facile concludere che si tratti di un qualcosa di artificioso, non reale, con sincera crudeltà, semplicemente finto.
Ma a che cosa deve rispondere il video del maestro Watanabe? Quale è la domanda che ci si aspetta venga risolta da tale dimostrazione? Cosa vogliamo davvero "vedere" in quel video?
Con semplici domande come queste è già possibile l'instaurarsi dei dubbi sul nostro perentorio giudizio iniziale. Si perchè se è finto tutto ciò che vediamo, in base a quali parametri abbiamo stabilito che questa è finzione? Ed infine, cosa che sbilancia completamente tutto l'ordine di idee su cui ci poggiavamo, quale esperienza diretta, empirica, ci siamo costruiti su tale argomento? Conosciamo direttamente il maestro Watanabe? Sappiamo che cos'è o cosa non è l'Aikido? Abbiamo mai praticato l'Aikido?
No, non si tratta di giustificare un qualcosa, per il fine ultimo di far credere quanto efficace sia tale arte marziale (io personalmente, non me ne occupo quasi più), ma di pensare ad analizzare con un metro che prima non avevamo preso in considerazione. E per tornare all'analisi del video proposto, ciò che dobbiamo imparare a vedere è quello che in effetti non si vede, quello che non c'è.
E le primissime cose che non ci sono, sono principalmente due. La prima è il costrutto immaginario che ci imbroglia. La nostra personale idea di che cosa è un'arte marziale, dicevo; idea dunque influenzata da diversissimi fattori d'esperienza, che per processo automatico, vanno a catalogare quanto si è visto, considerandolo corrispondente o meno, alla nostra (e solo nostra) idea iniziale. E non ci si è ancora posti appunto, se ciò di cui siamo testimoni voglia dimostrare proprio la tesi che già vorremmo confutare. Si chiama non corrispondenza, questa.
La seconda, è diretta conseguenza  della prima, ovviamente. Siamo davvero in possesso di un'esperienza (tradotta in mezzi), che ci consenta di comprendere pienamente quello che abbiamo di fronte? Nella maggior parte dei casi, no.
Il video non palesa volutamente (è cioè decisione volontaria del maestro non mostrare, anche mostrando), quelle che sono le effettive linee d'entrata che si aprono nella difesa di uke, nella costruzione stessa dell'attacco, del tempo e della distanza con cui questo stesso viene condotto (ma-ai), il tutto evidenziato da un uke (fattore fondamentale), che è allievo diretto di Watanabe, e che quindi ha sviluppato negli anni una tale sensibilità da poter leggerne l'intenzione e sentire davvero un'entrata corretta su una linea, che non necessita più, a questo punto, di contatto diretto, perchè ad egli è visibile e concreta abbastanza. Questo perchè l'allenamento con tale maestro (allenamento durato anni) ha permesso all'uke di sviluppare una comprensione di che cosa è l'Aikido, su quali principi fondamentali si fonda e si muove, e allo shihan di concedersi la possibilità di non dover più intervenire palesando chiaramente un gesto, una posizione, una tecnica, ma solo accennarla. E' un lavoro profondo, che normalmente non viene compreso abbastanza e talvolta osteggiato. Ma di nuovo non credo (questa è convinzione mia personale), che lo stesso Watanabe pretenda sia così per tutti, ed aggiungo, altrettanto non credo sia auspicabile per chi, di pratica di Aikido, non ha che appena un ventennio. Ma ciò non mi autorizza, a svalutare e banalizzare il lavoro di un autorevolissimo maestro, che sul tatami ha passato un'intera vita (cinquantaquattro anni di pratica, si il conto l'ho fatto io per voi) a sudare e studiare questa incredibile Arte. Solo perchè io non vedo, quello che in effetti c'è.

domenica 8 gennaio 2012

Presumibilmente poichè sono un artista nelle arti marziali

Il vento avverso. Le persone pesanti.
L'ignoranza manifesta.
La superficialità e la supponenza.
Le umiliazioni e il correre come dei pazzi.
Parlare e avvertire chiaramente di non esser ascoltati.
La maleducazione e i finti sorrisi, il disordine e i disordinati,
il trovare soluzioni disperate all'ultimo minuto per problemi creati
ad arte da un mucchio di pezzi di merda.
Non ti preoccupare, non ti preoccupare.
Respira.
E' solo allenamento.