sabato 20 ottobre 2012

L'Aikido non si ferma dove arrivi tu

"Studiare senza riflettere è totalmente vano, ma riflettere senza studiare è pericoloso".

Confucio



La pretesa, generalmente, è che l'universo sia racchiuso nella nostra "visione" dello stesso.

Così accade, e non può certo essere altrimenti, che lo stesso modello interpretativo, vada ad applicarsi senza soluzione di continuità, a tutto ciò che personalmente classifichiamo, a tutto ciò che pensiamo (per forma mentis), di conoscere.
Tra queste "cose" che pensiamo di conoscere, non possiamo che annoverare anche l'Aikido, va da sé.

Così accade una seconda volta, e piuttosto naturalmente, di voler includere, all'interno di un'opinione che ci si è fatti sull'Aikido nello specifico, anche tutti gli altri.
Esatto, anche tutti gli altri.

Spiego: si può supporre per semplicità, che la pratica prolungata di un'attività(?) come la nostra, possa aiutarci a discernerla approfonditamente, al punto da credere, per via di ciò di cui sopra, che l'intendimento nostro, e della pratica, e dell'arte stessa, sia l'intendimento di tutti.
E' cosa, questa, da distinguere bene dal banalissimo pensiero:"Come lo faccio io ikkyo è giusto, come lo fate voi no", non si tratta di divisioni più o meno fittizie (anche queste proprie della nostra forma di pensiero), ma casomai del suo contrario.
Si tratta di includere, nella personalissima visione di ognuno di come si faccia ikkyo, ad esempio, anche tutto il resto dei praticanti.
In modo tale che questa sorta di ragionamento, falsamente ci protegga.
In modo tale che se un giorno, per fato o chissà, ci venga empiricamente e ampiamente dimostrato che tutto ciò che pensavamo a riguardo del "nostro ikkyo", semplicemente non è così, ma è solo nostro attaccamento e basta, ecco quel giorno potremmo tranquillamente giustificare il nostro personale, circoscritto errore, come errore di tutti. Per proteggerci in un'illusione, dalla delusione.

E' bene, come al solito, prendere attentamente coscienza di questa illusione, farsene carico come campanello d'allarme per il prossimo giro, per la non tanta improbabile ipotesi che l'occasione si ripeta, che il pensiero si riformuli, e che non ci si ricaschi nuovamente.

Da non occorrere più nell'espressione plurale, quando questa è singolarissima, dal non generalizzare, perché io sono arrivato solo fin lì, allora noi tutti si è arrivati fin lì.
Non è così, non è così.





2 commenti:

  1. Il succo è che purtroppo è vero: ci nascondiamo da quanto e da chi ci mette di fronte ai nostri errori, alle nostre convinzioni sbagliate, ai nostri limiti, erigendo pareti che per rendere più solide ci convinciamo essere condivise dagli altri, appunto.

    Appunto e a tal punto da trasformarle, spesso, in muri di presunzione.

    Quello che faccio è sbagliato perché tutti lo sbagliamo...

    Tutti facciamo la cosa allo stesso modo e lo sprovveduto che arriva a dimostrare che si può fare diversamente e meglio è lui che sbaglia, comunque.

    È un modo di pensare, sia nella pratica sia nella vita (che trovo condividere la stessa faccia della medaglia), pericoloso.

    Ci si deve adoperare per riconoscerlo e ovviamente va abbandonato.

    Paolo traversa

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    1. Ecco. Esattamente questo Paolo. Ed è cosa profonda, sostengo, che investe ovviamente la vita al di fuori del tatami, ma che proprio il tatami, l'Aikido, ci permette di evidenziare e forse, sperare di correggere.

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